:.. Mario Fagiolo è stato un pugile competitivo, rugbista, pioniere (1928) e bicampione a 15 italiano.
Tre quarti e mediano di mischia della Rugby Roma e vice campione
con la Nazionale Italiana di Rugby alle Universiadi di Torino (1933).
La Rugby Roma di Mario Fagiolo del 1937, campione d’Italia
I giovani di oggi, lo si sa, non sono quelli di ieri per il mondo diverso che li circonda, per il loro modo di vivere, ma è nello sport che essi possono trovare quello che a loro più manca:
il contenuto e le proposte adeguate per una esistenza felice. (M.FAGIOLO)
En 1896, algunos alumnos de tercero y cuarto de la escuela secundaria clásica Massimo d’Azeglio de Turín se reunieron después de las clases alrededor de un banco no lejos de su escuela, frente a la pastelería Platti, hacia lo que ahora es Corso Re Umberto, en el esquina de Corso Vittorio Emanuele II.
Hablaron de deportes, especialmente de fútbol, y empezaron a practicarlo, tanto que al año siguiente fundaron una sociedad civil “por diversión, por diversión, por ganas de algo nuevo”. Se desconoce la fecha exacta de fundación del club, por lo que se utiliza como fecha convencional el 1 de noviembre de 1897.
La primera reunión del nuevo club se celebró en la trastienda del taller de ciclismo de los hermanos Canfari, en el 42 Corso re Umberto”, pero finalmente se eligió “Sport Club Juventus”, para favorecer su difusión también fuera de Turín.
En 1898 se produjo un aumento de socios y jugadores que llevó al club a cambiar su sede a un local en via Piazzi 4, mientras que al año siguiente la empresa cambió su nombre por el de “Foot Ball Club Juventus”, demostrando así su singular vocación futbolística.
El nombre Juventus no fue elegido por casualidad: es un término latino que significa “juventud” y hace referencia a la corta edad de los integrantes y sus estudios clásicos.
El primer amistoso de la Juventus que conocemos se disputó el 11 de junio de 1899 en el patio de armas de Turín, contra el representante del instituto técnico Germano Sommelier.
Juventus participó por primera vez en el campeonato italiano en 1900, pero no pasó las rondas preliminares.
La primera victoria en partidos oficiales se produjo el 18 de marzo del mismo año:
2-0 ante Ginnastica Torino.
En 1905, el suizo Alfred Dick, dueño de una fábrica textil, se convirtió en presidente de la Juventus.
En ese año el club ganó tanto el Scudetto (el primero de la historia) como el torneo de Segunda Categoría.
A pesar de los excelentes resultados, la mayoría de los socios acusaron a Dick de ser demasiado autoritario, especialmente con el grupo de italianos en el equipo y su estilo de vida. Tras ser acorralado,
Dick abandonó el club y en su lugar se eligió al nuevo presidente Carlo Vittorio Varetti, ya uno de los fundadores de la empresa. Dick hizo un acuerdo con el FC Torinese, en crisis financiera, y fundó Turín.
En 1923, año de la reunificación de la liga, la familia Agnelli se unió a la Juventus con la elección de Edoardo, hijo de Giovanni Agnelli, fundador de FIAT.
El primer Scudetto de la era Agnelli llegó en 1926.
Tras cuatro temporadas sin títulos, la Juventus abrió un ciclo de cinco campeonatos consecutivos en la temporada 1930/1931, récord que duraría 80 años y que fue batido por la propia Juve en la década de 2010.
La Juventus también demostró estar a la altura a nivel internacional: alcanzó las semifinales de la Copa de Europa Central en cuatro temporadas consecutivas y formó el núcleo de la selección italiana durante la primera mitad de la década de 1930.
De hecho, en la Italia campeona del mundo de 1934, nueve jugadores eran de la Juve: los llamados “Nazio-Juve”.
A fines de la década de 1930, la Juventus agregó dos Copas de Italia a su escaparate, una en 1937/1938 y otra en 1941/1942.
En 1947, Gianni Agnelli se convirtió en presidente del club.
Después de quince años de abstinencia, la Juventus ganó el Scudetto en 1949/1950, y luego lo repitió dos años después.
En 1955, Umberto Agnelli ascendió a la presidencia de la Juventus.
Después de tres temporadas muy decepcionantes, en 1958 los blanquinegros volvieron a conquistar el Scudetto, el décimo de su historia: por primera vez un equipo italiano conquistaba la estrella, que otorga la FIGC por haber conquistado diez campeonatos.
En las siguientes tres temporadas, la Juve ganó dos Scudetti y dos Copas de Italia.
Después de tres temporadas secas, los bianconeri volvieron a ganar un trofeo en 1965: una Copa de Italia.
El decimotercer campeonato llegó en 1967 en la última jornada ante el Inter.
„Una cosa fatta bene può essere fatta meglio.“
«Mi emozioni perfino quando leggo in qualche titolo di giornale la lettera J.
Penso subito alla Juve».
«Perché la Juventus, dopo già un secolo di storia, è diventata una leggenda.
Una leggenda che è sorta in un liceo di Torino e che ha finito per conquistare nove, dieci milioni di tifosi in Italia e, certo, altrettanti all’estero con un nome, una maglia e dei colori conosciuti in tutto il mondo.“ «La Juve è per me l’amore di una vita intera, motivo di gioia e orgoglio, ma anche di delusione e frustrazione, comunque emozioni forti, come può dare una vera e infinita storia d’amore».
“Ho dato a Del Piero il soprannome Pinturicchio: per l’estetica, per il modo di giocare.
I suoi gol sono sempre eccellenti”;
“Platini rimarrà unico e inimitabile”;
“Amo il calcio, forse lo amo troppo, a tal punto da mettere in secondo ordine le alternative domenicali.
Sì, amo molto questo sport che non ha rivali”;
“Prima della partita, sono sempre nervoso.
Dopo, quasi sempre soddisfatto”.
“Per noi la maglia conta più dei nomi” .
“La passione non cambia e non invecchia: questo è sicuro”;
“Nei momenti difficili di una partita, nel mio subconscio c’è sempre qualcosa che scatta,
ed è quella capacità di non arrendersi mai.
E questo è il motivo per cui la Juventus vince anche quando non te lo aspetti”.
(Buenos Aires, 15/05/ 1901 – Escobar – Buenos Aires, 09/09/1983)
Calciatore e allenatore di calcio argentino naturalizzato italiano, di ruolo centromediano.
Vice campione del mondo nel 1930 con l’Argentina e campione del mondo nel 1934 con l’Italia. È stato l’unico calciatore ad avere disputato due finali di Coppa del mondo con due nazionali diverse.
Ritenuto uno dei massimi esponenti della disciplina a livello mondiale durante il periodo interbellico, era soprannominato doble ancho, cioè “armadio a due ante” per via della sua robustezza e forza fisica.
(Avellaneda – Buenos Aires, 02/12/1901 – Santiago del Cile, 06/04/1986)
Calciatore argentino naturalizzato italiano, di ruolo attaccante, campione mondiale con l’Italia nel 1934.
In Italia fu conosciuto anche come Raimondo Orsi.
«Orsi è assolutamente imprendibile.
Quando era in vena e aveva voglia (non sempre) faceva cose strabilianti.
Mai visto un giocatore come lui».
(Luigi Bertolini – Busalla, 13/11/1904– Torino, 11/02/1977 – allenatore di calcio e calciatore italiano, di ruolo centrocampista)
«Credo che Mumo sia stato l’ala sinistra più forte di tutti i tempi, senza limiti di età.
Aveva scatto, velocità, un perfetto controllo della palla e disponeva di un dribbling e di un repertorio di finte di corpo che, da allora, non ho mai più riscontrato in un attaccante».
Fermava il pallone di botto, lo lasciava lì in mezzo, davanti all’avversario, immobile.
Lo stadio piombava in un silenzio esterrefatto, astrale.
Orsi muoveva appena l’anca, il terzino abboccava, finiva a terra, Mumo era già lontano, naso al vento.
Che cosa gli mancava, per essere perfetto?
Forse un poco di grinta, fuggiva dalle entrate decise, probabilmente perché non aveva la potenza di un Caligaris o la stazza di un Monti.
Ma sarebbe sciocco pretendere da Paganini che suoni anche la grancassa.
(Teobaldo Depetrini – Vercelli, 12/03/1913 – Torino, 08/01/1996 – calciatore e allenatore di calcio italiano, di ruolo mediano)
Calciatore argentino, centrocampista o attaccante della Juventus.
Campione del Sud America nel 2021.
Campione del mondo nel 2022.
“È una leggenda (Del Piero), io sto dando il massimo per la Juve“.
“Cerco di pensare solo a giocare e di dimostrare il mio valore in ogni partita con la Juve, poi vedremo cosa accadrà.
Io sto bene a Torino con la Juve”.
“Ho scelto la Juve perché è il club più importante in Italia e ha la possibilità di vincere tanti titoli.
C’è una squadra forte.
Buffon ha detto che io in Italia sono come Maradona? Diego è Diego.
Io ho un bel rapporto con Gianluigi, è una persona fantastica.
Ci teneva che venissi qui, ci ho parlato anche quando ho firmato.
Sono con i piedi per terra e darò tutto me stesso.
Sapevo che poteva arrivare anche Pogba e conosco le sue qualità.
C’è tanta voglia di giocare e far tornare la Juve a vincere tutto”.
“Il club vuole tornare ai massimi livelli e io voglio aiutarlo.
Dobbiamo formare un buon gruppo a livello di spogliatoio per ottenere successi.
La Juve è l’unica squadra con la quale ho parlato in modo più intenso.
La Juve ha insistito tanto ed ha aspettato la mia decisione.
Ho conosciuto diversi giocatori in nazionale che giocano o hanno giocato qui.
(FIDEO)
“Personalità, tecnica, velocità e un mancino straordinario.
Di Maria è quasi immarcabile.”
“Rischia, ma va sulla concretezza.
Rischia perchè è un giocatore di personalità, calcia in qualsiasi momento e spazio del campo, rischia perchè fa l’uno contro uno, però quando hai uno così in squadra che ti dà questa opzione…. e lo ripeto…se l’Argentina ha vinto la finale Mondiale è per i tiri mancini, quello del 10, quello di Di Maria e quello del portiere che ha parato, tutto col piede mancino.
In questo momento questo mancino è straordinario.”
Calciatore, dirigente sportivo e politico italiano, di ruolo attaccante o centrocampista.
En 1971, después de hacer historia en el club primero como futbolista y luego como entrenador, Giampiero Boniperti se convirtió en presidente de la Juventus.
Con Boniperti comenzó un largo ciclo de victorias: bajo su presidencia, el club ganó nueve campeonatos lo que le permitió sumar una segunda estrella en 1982 y dos Copas de Italia, pero sobre todo se consagró internacionalmente al ganar la Copa de Europa en 1985, la Copa de la UEFA en 1977, una Recopa de Europa en 1984, una Supercopa de la UEFA en 1985 y una Copa Intercontinental también en 1985.
Después de un par de temporadas poco emocionantes, en 1993 la Juve volvió a ser competitiva.
En esa temporada ganó la Copa de la UEFA, la tercera de su historia, pero el dominio de la Juventus se repitió en la segunda mitad de los 90.
Entre 1995 y 1998, de hecho, la Juventus ganó todo lo que podía ganar:
se llevó a casa tres títulos de liga, una Copa de Italia, dos Supercopas de Italia, una Liga de Campeones en 1996, una Supercopa de la UEFA en 1997 y una Copa Intercontinental en 1996.
En 1999 llegó la primera Copa Intertoto y en 2002 otro campeonato.
Un título que tiene un sabor particular para los jugadores de la Juventus, porque se ganó tras superar al Inter en la clasificación en la última jornada, al final de una tarde de domingo que pasará a la historia como el “5 de mayo”.
En la temporada siguiente, los bianconeri sumaron otra bandera italiana (la vigésimo séptima), una Supercopa de Italia (la tercera) y llegaron a la final de la Champions League por séptima vez.
En la temporada 2003/2004, la Juventus ganó otra Supercopa de Italia y terminó tercero en la liga.
Tras años de ayuno, la llegada de Antonio Conte al banquillo blanquinegro cambió la historia del club:
los blanquinegros dominaron el campeonato durante casi una década, conquistando nueve Ligas consecutivas entre 2012 y 2020, pero también cuatro Copas de Italia. y cuatro Supercopas de Italia.
La Coppa Italia de la temporada 2014/2015 representa otro hito para la Juventus: tras veinte años de ayuno, los bianconeri lograron su décimo éxito en la competición, el primero en conseguir este objetivo.
Bajo la dirección de Massimiliano Allegri, tras doce años de ausencia, la Juve también volvió a disputar dos finales de Champions en tres años, en 2015 y 2017.
La temporada 2020/2021 no es tan emocionante como las anteriores:
con Andrea Pirlo en el banquillo, los bianconeri consiguen conquistar la novena Supercopa de Italia y la decimocuarta Copa de Italia de su historia.
„La Juve non è soltanto la squadra del mio cuore. È il mio cuore.“
„Vincere non è importante, è l’unica cosa che conta.“
Perché la Juve è così antipatica?
„Lo è adesso, lo era quando la dirigevo io, lo sarà in futuro.
L’invidia rappresenta una medaglia al valore.
E comunque se mezza Italia tifa Juve, ci andrei piano con le etichette.
„La Juventus sul campo li ha vinti quegli scudetti.
A parte quello che ho vinto, essere stato alla Juventus è un’esperienza che ti rimane dentro, diventa stile di vita.
Con Gaetano Scirea ho condiviso soltanto gioie: insieme abbiamo vinto tutto quello che c’era da vincere.“
„La Juventus non deve temere nessuno, devono essere gli avversari a temerla.
Lo impone il nome, il peso della maglia bianconera non ha eguali nel mondo.“
„Negli annali del calcio siamo solo in cinque ad aver conquistato tutti i tornei internazionali:
Blind dell’Ajax, Brio, Cabrini, Gaetano ed io.
È un motivo di orgoglio aver scritto insieme quelle pagine ed essere stato suo amico.
A Torino vivevamo a due passi l’uno dall’altro, spesso andavamo ad allenarci insieme.
Una volta mi sono dimenticato di passare a prenderlo e l’ho fatto arrivare in ritardo per la prima e ultima volta in vita sua.
Quando è arrivato al Combi mi si è avvicinato e mi ha detto sornione:
“bravo, bravo”, ma si vedeva che mi aveva già perdonato.
Il venerdì sera, con lui e Zoff, avevamo il rito scaramantico di andare a cena sempre nello stesso ristorante, ma in realtà era una scusa per passare del tempo insieme.
Gli sarò sempre grato perché è stato uno di quelli che mi hanno aiutato di più nel periodo nero in cui ero finito in panchina.
Mi diceva di insistere, e alla fine mi sono ripreso il posto.
Come al solito aveva ragione lui.“
“Era il 29 maggio 1985 e allo stadio Heysel di Bruxelles era in programma la finale di Coppa Campioni Juventus – Liverpool.
All’improvviso prima del fischio iniziale, una parte della tifoseria inglese si riversò in massa sulla tribuna dove si trovavano i tifosi della Juve, sfondando le reti divisorie.
La polizia arrivò quando gli hooligans erano già in azione: inseguirono i supporter della Juventus fino all’estremità degli spalti.
Presi dal panico i tifosi bianconeri si ammassarono nell’angolo più lontano e basso del Settore Z, schiacciati l’uno sull’altro contro un muro, che crollò.
Fu una carneficina.
Dentro lo spogliatoio c’era un po’ di tutto:
chi perdeva sangue, chi era ferito, noi abbiamo prestato i primi soccorsi, prestando anche le scarpe a chi le aveva perse, le tute.
Era un’atmosfera surreale”.
“Boniperti aveva detto che non dovevamo giocare, ma poi un generale delle Forze dell’ordine ci impose di giocarla e credo sia stato giusto perché altrimenti sarebbe successo molto di più.
Entrammo in campo molto arrabbiati, perché comunque ci avevano tolto il sogno di quella finale, noi eravamo sicuri di vincere ma ci hanno tolto la gioia di esultare.
Capisco le critiche, ma anche qui furono le Forze dell’ordine a chiederci di uscire con la coppa per tenere buoni i tifosi dentro lo stadio.
Non dovevano uscire perché gli hooligans non erano stati ancora evacuati”.
“Morirono 39 persone di cui 32 italiani, ci furono 600 feriti e quelle immagini tragiche fecero il giro del mondo, ma prima si giocò la partita per decisione dei dirigenti Uefa, d’accordo con la polizia belga.”
I calciatori Cabrini, Tardelli e Brio andarono a parlare con i tifosi.
Il capitano Gaetano Scirea lesse un comunicato:
“La partita verrà giocata per consentire alla forze dell’ordine di organizzare al termine l’evacuazione dello stadio.
State calmi, non rispondete alla provocazioni.
Giochiamo per voi”.
Non è normale andare a tifare per la tua squadra del cuore e tornare a casa in una bara. Nel calcio non può succedere una cosa del genere, non si può essere felici dopo che succede una cosa del genere anche se hai vinto la Coppa dei Campioni”. „In questi anni se ne sono sentite tante, troppe sulla notte dell’Heysel. C’è chi ci ha voluto speculare. Hanno scritto e detto che Platini non doveva esultare dopo il rigore. Ma guardate bene l’espressione sul volto di Michel: non è gioia, quello è uno sfogo di rabbia. Altre volte hanno criticato quei miei quattro o cinque compagni che hanno festeggiato a fine gara. Pazzesco. Dico: nessuno vuol capire che un calciatore è un uomo come un altro. In quel momento la sua reazione può essere di qualunque tipo, compreso lo sfogo. Semmai sarebbe meglio parlare dei calciatori del Liverpool, che a fine partita sono andati sotto la curva dei loro tifosi per applaudire. Andate a vedervi le riprese Tv per rendervene conto. Spero non sapessero cosa fosse effettivamente accaduto, anche se la cosa mi sembra strana. Noi sapevamo tutto ed eravamo a pochi metri da loro. Forse è il comportamento degli inglesi, gente che se ne frega di tutto. Morte compresa.
A proposito chi dice che abbiamo esultato per la vittoria, si ricordi che la Coppa dei Campioni non ce l’hanno consegnata in campo, ma dentro una cassa di legno, proprio come fosse una bara.“ “Di cretinate ne ho sentite un’infinità. Troppe volte ci siamo sentiti dire che abbiamo rubato quella coppa.
La nostra festa era stata decisa dallo stesso generale alto due metri: ci ha obbligati a uscire dallo spogliatoio e andare sotto la curva bianconera, perché dovevamo tenere i nostri tifosi all’interno dello stadio”. “Io la coppa l’ho vinta e la sento mia. E’ un trofeo nostro, della Juventus, e delle 39 vittime. Erano venuti tutti allo stadio per assistere a uno spettacolo, cancellarlo sarebbe stato un danno anche a quelle persone”. “Non bisogna chiudere gli occhi, ma tenerli ben aperti per ricordare. Penso soprattutto al grande sogno di 22 giocatori infranto da certi ultrà. Le finali si dovrebbero sempre giocare con entusiasmo e gioia”. “Regole ferree per non scordare i morti dell’Heysel”.
A me non interessa quello che dicono gli altri, sono per la terza stella, ne metterei due piccole ai lati e una grossa centrale e anche una dietro eventualmente, quattro stelle.
La Juventus sul campo li ha vinti quegli scudetti.“
È inutile discuterne, nel cuore gli scudetti sono 30, i giocatori e i tifosi sentono di averne vinti 30 sul campo e io, da giocatore e tifoso, ne ho vinti 30.
Quindi ribadisco il mio sì assoluto alla terza stella.“ (S.TACCONI)
„La Juve mi ha insegnato tanto e io sono rimasto molto affezionato a questa società e alla squadra di quei fantastici anni.“ (M.P.)
„Per me Juventus vuol dire storia del calcio.
Una storia fatta da squadre indimenticabili e da giocatori che con il loro agonismo e la loro genialità hanno scritto alcune delle pagine più belle ed importanti nel libro del calcio mondiale.“ (M.P.)
„Juventus vuoi dire cultura e stile che distinguono i dirigenti, gli allenatori ed i giocatori juventini.“ (M.P.)
„Infine Juventus vuoi dire passione e amore: la passione che unisce i milioni di tifosi in tutta Italia, in tutto il mondo; l’amore per la maglia bianconera che esplode nei momenti di trionfo e non diminuisce in periodi meno felici.“ (M.P.)
„Possono cambiare gli uomini, possono cambiare i dirigenti, però quello che ha di forte questa società sono i giocatori cui è stata tramandata una voglia di vincere, di primeggiare, che non è pari in nessuna altra squadra.“ (G.B.)
„Mi piace tutto della Juve, come ti ho detto prima.
C’è una buona cultura, è il miglior club in Italia, ha una storia straordinaria.
Sono felice qui, ovviamente voglio vincere molti trofei con la Juve.
Non mi piace solo la Juventus, ma la cultura italiana“. (CR7)
„Segnai di testa contro Donnarumma.
Quando vinci un titolo (Supercoppa Italiana nel gennaio del 2019 contro il Milan) è tutto speciale perché durante l’anno ti dedichi a realizzare qualcosa di grande.
Quando si ottiene il primo trofeo in una squadra è sempre speciale.
Questo con la Juventus è sicuramente un grande ricordo”. (CR7)
“Lo stile Juve si avvicina a un decalogo non scritto dei doveri dello sportivo professionista.
Non è un di più che ha la Juve, è qualcosa che manca agli altri.” (D.Z.)
“La mentalità vincente della Juve è una cosa banale, soprattutto per il pubblico e per chi deve riempire i giornali, ma è semplicemente il numero dei trofei che vinci.
E’ quello che dà la misura nello sport, solo quello, e la Juventus punta sempre a vincere”. (D.Z.)
“Boniperti mi chiamò: “Verrai con noi in ritiro, ti allenerai con gli altri, anzi più degli altri”.
Mi sono sentito di nuovo calciatore.
La lettera di convocazione adesso farebbe ridere.
Diceva di presentarsi con i capelli corti, indicava cosa mangiare e cosa bere.
Boniperti era un mago in queste cose.
Quando arrivai mi disse: “Paolo, se ti sposi è meglio, così sei più tranquillo“. Mi sono sposato a settembre.
L’avrei fatto lo stesso, diciamo che sono stato un pò spinto.
Comunque devo ringraziare lui, Trapattoni e Bearzot.
Il Trap mi ha allenato con la sua grinta, ci ha messo molta dedizione, Bearzot mi chiamava spesso.
Non mi faceva promesse ma mi incoraggiava a lavorare bene, perchè lui mi teneva sempre in considerazione.
Fondamentale”.
(P.ROSSI, ricordo Juve, marzo 1981 e Italia)
„È l’alibi migliore per chi non vince; dire che la Juve è davanti perché si comporta in maniera scorretta è una giustificazione da dare ai tifosi.
La Juve è come il maggiordomo: sempre colpevole.“(G.B.)
„Per me la Juventus significa una vita di successo, lotta ed impegno.
È una famiglia in cui sono cresciuto e ha aiutato gli altri a crescere.
È una sorta di vita scelta, un modo di vita.“ (G.B.)
„Il giorno dell’inaugurazione dello Juventus Stadium.
Ho provato tante emozioni, tutte molto forti.
Mi sono detto “ma in che società sto giocando”.
Sono riemersi pensieri che non mi toccavano da parecchio tempo.
Ho risentito tutto l’orgoglio di far parte di un club con una storia unica, che fa tremare le gambe.
Quella sera mi ha caricato a mille, è stata fondamentale a livello di motivazioni, è come se fossi tornato indietro nel tempo.“ (G.B.)
(Cremona, 09 luglio 1964 – The Royal Marsden Hospital,
Londra, 06/01/2023, Regno Unito)
Calciatore, allenatore di calcio e dirigente sportivo italiano, di ruolo attaccante.
Tra i migliori centravanti degli anni 80 e 90 del XX secolo, rientra nella ristretta cerchia dei calciatori che hanno vinto tutte e tre le principali competizioni UEFA per club, unico fra gli attaccanti.
„La Juve è una filosofia.
Può piacere o non piacere ma è qualcosa di unico.
Per me è stato un privilegio far parte della storia di quella società.
Non è una società perfetta ma ha un dna vincente.
Quando indossi quella maglia, ne senti il peso.“ (G.V.)
“Io non sono diventato Juventino, io sono nato Juventino.
Ricordo una foto di quando avevo 7 anni, ero in Libia e avevo la maglia bianconera.
La Juve è la mia squadra, sono i miei colori.”
„Alla Juve si acquisisce una abitudine mentale di sacrificio che non c’è da altre parti.
Alla Juve ti insegnano che la partita più importante è sempre quella che deve venire.
Alla Juve ti insegnano ad avere sempre «fame» di vittorie, a non accontentarti mai.
Non è un caso che le fortune della Nazionale siano sempre coincise con la larga presenza di bianconeri in azzurro.“ (C.G.)
„Nel 1982 Maradona insultò mia madre per innervosirmi, non volle darmi la sua maglietta“ . (C.G.)
„Due sere prima di quella partita Bearzot mi disse: ti ho visto bene, sei di nuovo in condizione, te la senti di marcare Maradona? Pensai che stesse scherzando.
Gli risposi, quasi ridendo: vabbè mister, ci penso io.
Presi le videocassette delle prime tre partite e me lo studiai.“
(C.G.)
„La Juve era il mio grande sogno e sarei stato il giocatore che parla e urla in campo, che trascina i compagni e che manca dai tempi di Bettega e Tardelli, quando la Juventus vinceva tutto.
A Torino avrei fatto collezione di scudetti, sarei ancora in una città dove puoi passeggiare tranquillamente in via Roma, senza essere molestato, come mi capitò quando stavo in Italia da pochi mesi e a Napoli non potevo uscire dall’albergo.
La Juve è un club straordinario e di fronte all’Avvocato bisogna togliersi il cappello.
È troppo forte, troppo distante da Berlusconi al Milan“.